La mancata qualificazione ai mondiali


Sono passati ben sessanta anni dall’ultima volta in cui l’Italia non si è qualificata ai mondiali di calcio. Questa è la terza volta nella nostra storia che succede una catastrofe del genere, la prima fu nel 1930, durante il Ventennio, e la seconda nel 1958, quando perdemmo incredibilmente per 2 a 1 contro l’Irlanda del Nord.

Con la mancata qualificazione di quest’anno arriviamo a tre in tutto, numero non poco sorprendente considerando che sono più le volte in cui l’Italia il mondiale lo ha vinto di quelle in cui non si è presentata. Le coppe del mondo sulla nostra bacheca sono infatti ben quattro, siamo la seconda nazionale che ne ha vinte di più dopo il Brasile e a pari merito con la Germania. Con questi numeri, è chiaro che nessuno dei bookmakers era pronto a considerare un’eventualità del genere. Le statistiche contano quando si decidono le quote. Chiunque, per qualunque motivo, abbia scommesso sull’esclusione degli Azzurri dal mondiale deve aver vinto una somma di tutto rispetto. Un finale inaspettato per delle qualificazioni mancate che arrivano a dodici anni dalla vittoria della nostra ultima coppa del mondo. A quanto era dato che l’Italia non vincesse in casa contro la Svezia? Sarebbe bastata quella vittoria per permetterci di staccare il biglietto aereo per Mosca, e invece abbiamo pareggiato contro tutti i pronostici. Certo, viste le prestazioni precedenti qualche avvisaglia c’era stata, ma non è facile prevedere un mondiale senza nazionale italiana.

L’esonero di Ventura

Dopo la sconfitta che ha sancito la nostra esclusione dalla coppa del mondo Ventura dichiarò che non era intenzionato a dimettersi. Chiese scusa agli italiani per la mancata qualificazione ma difese il suo operato sottolineando il suo massimo impegno. Pochi giorni dopo però venne esonerato e sostituito da Roberto Mancini, l’uomo che avrebbe ora l’ingrato compito di risollevare le sorti di una nazionale fallimentare come non mai. D’altronde fare peggio sembra difficile. Allo stesso tempo però Tavecchio, il presidente, è rimasto in carica tra le critiche di non pochi addetti ai lavori che avrebbero voluto che se ne andasse anche lui, per un rinnovamento necessario. Tra tutti spicca la voce del presidente dell’AIC, Damiano Tommasi, per tutti simbolo di onestà sportiva, che amareggiato lascia la riunione sostenendo che non c’è voglia di cambiamento.

Il disastro economico

A quanto pare il disastro non è soltanto calcistico e sportivo. Senza i mondiali i risvolti negativi hanno ripercussioni anche sull’economia, con un mancato giro d’affari in termini di merchandising, pubblicità, diritti, lustro, non quantificabile. I Mondiali di Russia 2018 ci sono costati cari proprio perché non ci siamo andati in poche parole. Si pensi, tanto per fare un esempio, che durante l’anno di ogni mondiale le vendite degli schermi TV aumentano. Oppure che l’evento televisivo più visto degli ultimi venti anni in Italia è stata la finale di coppa del mondo del 2006, quando davanti agli schermi c’erano più di 25 milioni di persone, per uno share massimo dell’87%. È chiara l’influenza economica di un torneo mondiale di uno sport che rappresenta il nostro paese all’estero quasi come la pizza, lo sport nazionale e una delle tradizioni più radicate.

La ricostruzione

Chissà però che grazie a questa cocente delusione il prossimo mondiale non sia ancora più seguito e non si recuperi qualcosa di ciò che è stato perduto. Certo è che il nostro calcio deve fare i conti con la propria coscienza e rinnovarsi, imparare dagli errori e andare avanti, guardando a quei paesi che negli ultimi anni hanno fatto meglio di noi. Con la giusta umiltà siamo certi che il calcio tricolore ritornerà ad essere grande come è sempre stato. O quasi.